Henry Fox Talbot e la nascita della fotografia in mostra a Castelnovo Del Friuli.

Henry Fox Talbot, Lo stabilimento di Reading, 1842

“L’invenzione meravigliosa” così fu descritta ai suoi esordi la fotografia; “una rivoluzione nell’arte del disegno e in quello dell’incisione, di cui molto forse soffrirà”, ci informava la Gazzetta privilegiata di Milano nel 1839, soltanto otto giorni dopo l’annuncio parigino della scoperta fotografica data dall’astronomo Arago all’Accademia delle scienze e delle belle arti il 19 agosto dello stesso anno. Da quel momento molte cose sono cambiate; la fotografia è diventata un “hobby massificato”, alimentato anche dall’avvento del digitale che, se da una parte semplifica, dall’altra ha portato spesso la fotografia ad essere quasi “succube” della sua stessa meccanicità. Ma torniamo al “meraviglioso” procedimento: i francesi, nonostante la coeva invenzione di William Henry Fox Talbot del “photogenic drawing”, non riconobbero che in Niépce e Daguerre i padri fondatori della fotografia, chiamata quindi in loro onore dagherrotipo.

Henry Fox Talbot, Coppia di sposi sui gradini della Theale Church di Reading, 1843

Il CRAF, Centro di ricerca e archiviazione della fotografia, conserva nei suoi archivi una preziosa collezione di 50 calotipi realizzati dallo Science Museum di Bradford da calotipi originali di Fox Talbot e prodotti in occasione del 150° anniversario dell’invenzione della fotografia. Saranno in mostra nell’ambito di Spilimbergo Fotografia 2010 dal 13 agosto fino al 3 ottobre a Villa Sulis, Castelnovo Del Friuli (PD). I primi esperimenti di Talbot risalgono al 1834: coprendo dei fogli di carta da scrivere con una soluzione di sale comune e nitrato d’argento li rese sensibili alla luce così che, posando una foglia sulla carta ed esponendola alla luce, si ottenne un negativo della foglia.

Henry Fox Talbot, Disegno fotogenico di una felce, 1839

Henry Fox Talbot, Disegno fotogenico di una felce, 1839

Chiamò questa tecnica shadowgraph, sciadografia. La Calotipia o Talbotipia nacque proprio da questo primo procedimento fotografico che permetteva la riproduzione delle immagini con il metodo negativo/positivo. Talbot attese cinque anni prima di presentare le sue scoperte alla Royal Institution perdendo quindi la priorità su Daguerre. Successivamente a Ginevra Talbot scoprì che l’immagine poteva essere stabilizzata lavando il foglio con dello iodato di potassio oppure con una forte concentrazione di sale: parliamo del così detto fissaggio, termine proposto in seguito da Herschel. Per le sue scoperte nel campo della fotografia ricevette nel 1842 la medaglia Rumford dalla Royal Society e tra il 1844 e il 1846 pubblicò il primo fotolibro della storia “The Pencil of nature” composto da 24 dispense contenenti 24 calotipi. Con gli anni la calotipia guadagnò credito perché fu utilizzata per l’illustrazione a stampa, come cercarono di fare Donné o Fizeau: il negativo era inciso su lastre di rame e l’immagine riprodotta su una rotativa. La fotografia era resa quindi come “specchio della memoria”: immagine convincente, documento durevole che trattiene ciò che sfugge alla comune visione. Talmente fin troppo obiettiva ai suoi esordi, che ci fa chiedere se ancora oggi si possa definire come tale.

Henry Fox Talbot, Nel cortile di Lacock Abbey, 1842




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