Non voglio essere Marilyn. 50 anni dalla scomparsa della donna mito, del cinema
Chi l’ha detto che i miti non possano essere tristi? Per la verità siamo più propensi a mitizzare personaggi se scompaiono prematuramente e meglio se con una vita tormentata. Il 5 agosto di cinquant’anni fa , stroncata da una overdose di barbiturici ed alcol, moriva Norma Jeane Mortenson Baker ma per tutto il mondo si spegneva Marilyn Monroe.
Difficile aggiungere qualcosa a tutto quello che è stato detto e scritto su Marilyn. Difficile essere originali , come se l’industria del merchandising in serie, che ha con l’immagine di Marilyn il più fulgido esempio, si fosse impadronita dei pensieri su di lei e non permettesse di vederla per quello che era. Una persona fragile. Indubbiamente bella, famosa, desiderata, imitata, ma in tutto e per tutto fragile. Ossessionata dalla sua immagine, impegnata ad essere qualcuna diversa da se. questo impegno, questa determinazione, questa immane fatica è l’essenza stessa del mito Marilyn Monroe. Se vogliamo comprendere veramente qualcosa in più della diva e della donna Marilyn, incominciamo a mettere un po’ le cose al loro posto, incominciamo a vederla per come era, chiamiamola con il suo “vero” nome: Norma Jeane.
Norma nasce nel 1926 ma potrebbe essere tranquillamente una ragazza dei giorni nostri, e forse in lei troviamo proprio molte delle tipicità delle donne di oggi. La cura al look, al trucco, alla spasmodica voglia di essere al centro dell’attenzione, di essere notata. Un giorno confessò che sin da piccola era colta da una sorta di visione quando visitava una chiesa. Con il sottofondo dell’organo mentre intona un inno sacro, lei immaginava di togliersi i vestiti davanti ai fedeli inchinati al suo cospetto.
Non c’è in questo che la sincera chiave di lettura della sua esistenza: il desiderio di essere diversa dalle altre, di essere notata, di imporsi. Un’ansia spasmodica che come sappiamo la consumò progressivamente come d’altronde era inevitabile. L’infanzia di Norma Jeane ha sicuramente giocato un ruolo determinante nello sviluppo della sua personalità. Lei non ha mai conosciuto il padre, è stata data in affido dalla madre Gladys ad una coppia di coniugi (Bolender). Questo deficit emotivo ha segnato le sue relazioni con gli uomini. Il ripudio delle umili origini ha pervaso la sua vita. “I had a new name, Marilyn Monroe, I had to get born. And this time Better than before” (trad : avevo un nuovo nome, Marilyn Monroe, dovevo rinascere. Questa volta meglio di prima). Un’insicurezza emotiva che non l’abbandonerà mai e che Norma Jeane sottovalutò, sublimandola nella maschera di Marilyn. Ma quel che sei lo rimani per sempre.
Il carattere sensibile e fragile di Norma Jeane, ha avuto l’opportunità di costruirsi una corazza nell’immagine mozzafiato di Marilyn. “ I just want to be wonderful” (voglio solo essere meravigliosa), era l’armatura con la quale affrontava il mondo. “La gente ha l’abitudine a guardarmi come se fossi uno specchio invece che una persona. Essi non mi vedono, vedono i loro pensieri indecenti, poi si mascherano di innocenza per chiamare me un’indecente ” . Povera Norma Jeane, troppo fragile, troppo determinata a essere qualcosa d’altro da se. “When pople look at me they want to see a star” ( quando la gente mi guarda, vuole vedere una stella). Norma non sapeva che quello che si è , non parlo delle origini, ma della sensibilità, lo si rimane per sempre.
” è sempre meglio piangere in una Rolls Royce , che in un tram affollato” disse un giorno. Già, può essere vero. Ma Norma Jeane non considerava l’opzione felicità, la possibilità di sentirsi felice ovunque si trovasse. Ascoltare se stessa, Norma Jeane avrebbe dovuto darsi più importanza. “Non sono stata abituata alla felicità: è qualcosa che non ho mai dato per scontato, ma pensavo che sarebbe arrivata con il matrimonio“. Ovviamente nulla arriva se non lo coltiviamo dentro di noi e così anche i diversi matrimoni e le altre relazioni , più volte con uomini di spicco nei quali cercava appoggio, non le regalarono (nessuno può) la felicità.
Marilyn era andata molto lontano, lontano come una stella, ma ormai era un’armatura troppo pesante per l’anima fragile di Norma Jeane. In una delle ultime interviste, rilasciata alla celebre rivista LIFE, Norma Jeane disse ” La gloria non è per me che una felicità passeggera. La gloria non può essere una dieta quotidiana. Come il caviale è buono ma non a tutti i pasti tutti i giorni. La mia vita non si identifica con la gloria“.
Proprio quando vendersi corpo e anima per la gloria sembrava essere lecito, proprio quando Marilyn diventava il simbolo consacrato della bellezza il modello straripante della bella vita, Norma Jeane si spogliava in modo estremo della maschera infelice che si era cucita addosso e tornava ad essere se stessa. “Mi sento orribile. Datemi un po’ di tempo, mi truccherò e sarò di nuovo Marilyn. Il mio corpo invecchia, trentacinque anni vissuti dentro un involucro estraneo. Fatemi parlare… Non piangere , bambola mia, adesso ti cullo nel sonno “
Sono passati cinquant’anni. E’ tempo che smettiamo di imitare e riprodurre senza fine l’iconica Marilyn. E’ giunto il tempo che facciamo parlare la fragile Norma Jeane, che ne comprendiamo il messaggio.
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