Vittorio De Sica, dal riso al gioco, dal dramma all’ironia. Una mostra celebra l’uomo e l’artista.
“Tutti De Sica” è il titolo della mostra che fino al 28 aprile al Museo dell’Ara Pacis a Roma, celebrerà un mostro sacro dell’arte cinematografica mondiale, mostrandone la pienezza e la complessità per una figura dai molteplici aspetti , quale era Vittorio De Sica.
Stanno tutte qui, nell’ispirazione di un titolo, le sue centomila vite, i suoi centomila personaggi: Tutti De Sica. Una mostra che si realizza grazie ai suoi tre figli, Emi, Manuel e Christian, e che apre, tra gli altri, il baule di un archivio prezioso e fino ad oggi mai svelato, come quello personale di Giuditta Rissone e Emi De Sica, un fiume di ricordi dal quale, come una continua sorpresa, esce senza sosta quella moltitudine di personaggi con il volto di Vittorio De Sica, in un gioco in equilibrio tra realtà e finzione.
Una visione complessiva di Vittorio De Sica, uno sguardo in grado di abbracciarne l’intera figura, al di là dei luoghi comuni, in una esposizione multimediale. Un percorso tra manifesti (più di venti originali) e fotografie (oltre quattrocento pezzi unici, sul set e fuori dal set, o in famiglia) ed immagini in movimento, oggetti di culto (dalla carrellata di costumi originali, strumento chiave per saltare da un personaggio all’altro, alla bicicletta più famosa del cinema, agli Oscar che hanno suggellato i suoi film), creano un itinerario costellato di documenti personali, che come occhi di bue illuminano il Vittorio De Sica regista e attore, ma anche cantante e uomo di spettacolo a tutto tondo, così come il De Sica privato, con le due mogli, Giuditta Rissone e Maria Mercader, oltre ai tre figli.
In quattro sale e dodici sezioni percorreremo la vita di De Sica, dai primi successi al neorealismo. Ci viene, da pensare a Vittorio come l’alter ego di Charlie Chaplin, per quella capacità nell’essere talentuoso come attore, regista, cantante (Parlami d’amore, Mariù fu un grande successo). Gigantesco anche nella sua attitudine a dirigere attori non professionisti come fu per la stagione del Neorealismo con i quattro capolavori Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1950), Umberto D. (1952). Si osserverà il rapporto con la politica (e con la figura di Andreotti) in un’Italia che cambia a cavallo degli anni Cinquanta; il sodalizio con Cesare Zavattini e quello con Sophia Loren.
Una mostra che vuole superare la lettura stereotipata di una critica storicizzata e che oggi appare riduttiva e limitata, solo legata all’età dell’oro neorealista, che vede solo una fase di formazione per chiudersi invece poi in un lungo momento di crisi.
Ma questo non è Vittorio De Sica, questa non è la sua carriera artistica: da Tutti De Sica emerge, la figura di un grande e costante innovatore, nel cinema, così come nella vita, un uomo che non a caso è stato nell’occhio del ciclone tanto sul piano personale – non dimentichiamo la scomunica della Chiesa – quanto su quello professionale, con le continue vessazioni subite da una censura che non mandava giù le sue idee e le sue rappresentazioni di alcuni questioni chiave della cultura italiana.
Tutti De Sica ruoterà anche attorno al sodalizio artistico tra i più felici della storia del cinema: quello con Cesare Zavattini, conosciuto nel 1939, dalla cui penna sono nati Sciuscià, Ladri di biciclette, Miracolo a Milano, fino a quell’Umberto D. che nel 1952 segnerà un anno di svolta per Vittorio De Sica, con la reazione all’insuccesso (e alle aspre polemiche scaturite dal film) e la fuga, in un certo senso, del De Sica attore dai film da lui diretti per trovare altrove e con altri autori la sua migliore espressione (pensiamo tra gli altri alsuo Generale della Rovere di Roberto Rossellini).
E’ un evento, questa mostra, prodotta dalla Fondazione Cineteca di Bologna e ideata da Equa di Camilla Morabito; in collaborazione con l’Associazione Amici di Vittorio De Sica. Da non perdere.
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